M. LATTARI: Maiori e Minori

  • Parco Regionale dei M. /Lattari/
  • Maiori: Palazzo Mezzacapo, Collegiata S. Maria a mare
  • Minori: Basilica di S. Trofimena, Villa Romana
  • Il sentiero dei limoni

Il Parco Regionale dei Monti Lattari, istituito il 13 novembre del 2003, con Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania, copre una superficie di circa 160 Kmq e abbraccia l’intera penisola sorrentino-amalfitana con le vette più alte di Sant’Angelo a Tre Pizzi e del Monte Faito. Il territorio, fisicamente delimitato dal Golfo di Salerno, dal piano Nocerino-Sarnese e dal Golfo di Napoli, è ricco di emergenze turistico-patrimoniali e disseminato di importantissimi centri storici, testimoni di una presenza fortemente radicata dell’uomo, ma anche di peculiarità ambientali, che si esplicitano in un’intima unione tra due elementi apparentemente in contraddizione: la montagna e il mare.

MAIORI e MINORI Secondo lo storico locale Filippo Cerasuoli, il nome originario di Maiori, come quello del corso d’acqua che attraversa la città stessa, è “Rheginna”, derivante dal nome del lucomone etrusco che la fondò. Solo successivamente, durante il dominio romano, per un problema toponomastico di confusione con una più piccola e vicina cittadina dallo stesso nome, a “Rheginna” venne aggiunto l’appellativo di “Major” da cui, passando per Maiuri, deriverà l’attuale denominazione della città. All’altra cittadina invece venne aggiunto l’appellativo di “Minor”, da cui deriverà l’attuale denominazione di Minori.

PALAZZO MEZZACAPO

Il settecentesco palazzo sul corso Reginna, che ospita il Municipio, fu eretto nel ‘700 da una nobile famiglia: i Mezzacapo. L’interno, tappezzato di pavimenti di maiolica vietrese, presenta al piano nobile l’ampio salone con resti di affreschi; ma la parte più originale sono sicuramente i giardini, con aiuole e percorsi d’acqua e grotte artificiali.

COLLEGIATA DI S. MARIA A MARE

Nel secolo XIII, sull’antica rocca di S.Angelo, edificata in seguito alle incursioni longobarde, si cominciò a demolire parzialmente l’opera fortificata per ampliare la chiesa già dedicata a S.Michele Arcangelo. Questa era stata nel frattempo elevata a Basilica per la sistemazione della rettoria di S.Maria a Mare, dopo il ritrovamento in mare, nei primi anni del secolo, di una statua lignea avvolta in una balla di cotone. Nel XIV secolo il torrione originario, scampato alla demolizione, venne trasformato in campanile, con la sopraelevazione di una struttura ottagonale sfinestrata, con bifore e trifore, sormontata da una cuspide conica. In seguito, tra il 1334 e il 1369 vi furono installate ben 11 campane. Dopo la bolla papale del 1505, la chiesa fu eretta Collegiata e nell’anno 1529 fu arricchita con la costruzione del grandioso soffitto a cassettoni, lavoro eseguito dall’artista napoletano Alessandro De Fulco. Successivi rimaneggiamenti e restauri furono eseguiti nel 1662, nel 1671 e nel 1748. Nel 1832 l’amministrazione del Comune di Maiori ritenne opportuno promuovere un ampliamento e una sistemazione più degna della Collegiata, affidandone il compito al noto architetto napoletano Pietro Valente (1790-1859) che, resosi conto dell’impossibilità di un semplice ampliamento, ideò con felice intuizione il capovolgimento totale dell’orientamento della chiesa e progettò un radicale rifacimento, che le fece assumere l’imponente aspetto attuale, con le grandiose navate e l’ampio transetto.

La Collegiata, anche se ideata e costruita nell’Ottocento, ha una facciata settecentesca, composta da un quadro centrale e da due ali laterali. Vi si aprono tre porte delle quali la centrale, rivestita di semplici valve di bronzo, è alta quasi il doppio delle due laterali.

L’interno è a tre navate con massicci pilastri a stucco, ornati con lesene e piedistalli rivestiti di marmo grigio. I pilastri hanno rivestito o ricoperto, probabilmente nel rifacimento del XIX sec., le colonne marmoree originali, delle quali si conservano alcuni esemplari all’interno e all’esterno

della chiesa. La navata centrale è coperta da un bel soffitto a cassettoni, che costituisce certamente la struttura più antica della Collegiata, se si eccettua la Cripta. Notevole è l’effetto decorativo creato dall’armonia dei colori dei quadroni: dall’oro delle cornici e dei fregi, al bianco e al verde cromo dei fondali. Al centro del soffitto è inserita una Madonna con Bambino in rilievo, di legno finemente dorato, in campo azzurro tempestato di stelle d’oro. Il transetto è sormontato da una maestosa cupola emisferica, al sommo della quale si erge la lanterna cilindrica con ampie finestre, sormontata a sua volta da una cupoletta. Sull’altare maggiore, in una nicchia sormontata da un timpano retto da quattro colonnine rosse, vi è la Statua della Vergine con il bambino in braccio. Secondo gli storici locali Cerasuoli e Staibano, lo stile orientale della statua scolpita in pregiato legno di cedro del Libano fa supporre che essa possa essere una delle poche immagini sacre scampate nell’VIII sec. alla furia iconoclasta dell’imperatore Bizantino Leone Isaurico.

All’ingresso della navata destra vi sono quattro dipinti ex-voto, che illustrano interventi miracolosi della Madonna in naufragi: due sono di autori ignoti, uno di R. D’Amato (1857-1921), l’altro di Angelo Della Mura (1867-1922). In prossimità del transetto vi sono due colonne e un capitello corinzio, forse originali della chiesa romanica duecentesca.

All’ingresso della navata sinistra c’è un fonte battesimale protetto da un cancello di ferro che risale quasi certamente all’antichissima chiesa dedicata all’Arcangelo Michele.

In fondo alle navate laterali, adiacenti al presbiterio, si aprono due ampie cappelle: a sinistra quella del S.S. Sacramento, a destra quella della “Fuga in Egitto”, meglio nota come cappella del “Cerasiello”.

La pavimentazione della navata centrale è formata da grandi lastre di marmo bianco, posti in diagonale, intervallati da motivi geometrici costituiti da fasce di marmo nero che formano lunghi esagoni irregolari e rombi incrociati. Al centro del pavimento del transetto è intarsiata una decorazione che rappresenta l’antico stemma della Città di Maiori. Il pavimento delle navate laterali, sempre formato da lastre quadre, è ornato da motivi più semplici di quelli della navata centrale; sono delle fasce rettilinee trasversali e longitudinali di marmo scuro intervallati da rettangoli e quadrati dello stesso marmo scuro. La pavimentazione fu eseguita nel 1880 sotto la direzione dell’architetto Andrea D’Amato di Maiori.

Dalla navata sinistra si accede alla monumentale sagrestia, a croce greca, il cui pavimento è formato da quadroni marmorei posti in diagonale. Lungo l’asse longitudinale del pavimento sono inseriti tre cerchi di marmo scuro, in ognuno dei quali è iscritta una stella a otto punte. All’interno della sagrestia è ubicato un piccolo museo con pezzi d’arte di notevole importanza.

Il 15 Agosto di ogni anno, al termine della processione per le vie del centro, i cittadini riconducono in chiesa a spalla la statua di Santa Maria a Mare, facendole compiere una corsa su per la ripida scala che conduce alla Collegiata e rappresentando con questa immagine di fede e di folclore l’assunzione al cielo.

Il Sentiero dei limoni: l’antica strada che congiunge Maiori e Minori è stata in passato una delle vie più trafficate della Costiera Amalfitana, soprattutto in funzione della coltivazioni dei limoni, lo sfusato amalfitano. Lungo il percorso si attraversa il borgo di Torre, il cui nome deriva probabilmente da un’antica fortificazione oggi scomparsa, forse la Torre Fronsuti menzionata da alcuni storici locali; il suo cuore è l’antichissima chiesa di San Michele Arcangelo, già nota in alcuni documenti altomedievali del X sec.

BASILICA di Santa TROFIMENA

La Basilica di Santa Trofimena è il principale esempio di architettura sacra del secolo XVII in Costiera Amalfitana. L’importanza della Chiesa è dovuta alla presenza delle reliquie di Santa Trofimena, le cui ossa furono rinvenute sulla spiaggia, come vuole la tradizione, tra il VII e l’VIII secolo e depositate in un tempietto non lontano dal lido.
In stile neoclassico, a croce latina, la basilica si contraddistingue per l’eleganza delle sue linee decorative e presenta un interno scandito da tre navate con altarini laterali, transetto, ampia area presbiteriale, chiusa da una calotta absidale. All’attuale cripta in stile barocco, si accede da due rampe di scale ricurve. I resti mortali della Santa sono conservati al di sotto dell’altare maggiore in una raffinata urna marmorea.
A lato alla Basilica si può ammirare l’alto campanile ottocentesco a pianta quadrangolare di stile neoclassico.

VILLA ROMANA

La villa romana di Minori si trovava nel punto in cui il fiume Reginna Minor, sfocia nel mare. Questo tratto di costa, ricca di insenature e porti naturali, era un luogo amato e frequentato dall’aristocrazia romana imperiale. Le prime informazioni riguardo ad un edificio di epoca romana a Minori risalgono ai “Documenti e Atti della Commissione Archeologica della Provincia del Principato Citeriore” (1873-74), in cui L. Stabiano ha scritto sulla scoperta delle “terme romane”.

Nel 1932 un crollo avvenuto durante la ristrutturazione di alcune case nell’area ha portato alla scoperta di una camera sotterranea, appartenente alla villa romana. Gli scavi iniziarono nel 1934, ma alcune zone sono venute alla luce solo nel 1950, in particolare in seguito all’alluvione del 26 ottobre 1954 quando la struttura fu sepolta nuovamente e solo successivamente fu riportata alla luce. Nel 1956, mentre era in corso un cantiere per la costruzione dell’Hotel Santa Lucia, sono state scoperte nuove aree della villa decorate da dipinti che si conservano nel museo collegato alla villa. La struttura residenziale è visibile solo sul lato più vicino al mare, poiché molte parti dell’edificio sono stati riutilizzate come cantine da nuovi lotti abitativi sorti sul sito della villa.

La villa fu costruita attorno ad un “viridarium“, giardini romani con una piscina centrale, circondata da un gruppo di edifici e triportico divisi in due gruppi simmetrici da una grande sala centrale. L’Antiquarium: nelle vetrine espositive è conservato il materiale ceramico rinvenuto nelle diverse campagne di scavo: vasellame di uso comune come brocche, boccali, piatti. Alle pareti sono esposti sette pannelli che rappresentano nella parte inferiore una pianta acquatica a foglie verdi e gialle, mentre nella parte superiore sono rappresentati le maschere classiche del teatro romano, oltre a prodotti dell’artigianato ceramico. Il Museo conserva inoltre una vasta gamma di anfore distinguibili in due tipologie: i grandi dolii utilizzati per la conservazione in loco dei generi alimentari e le anfore dalla forma piriforme, dalle dimensioni più piccole e quindi facilmente trasportabili sulle imbarcazioni, per l’approvvigionamento di risorse non reperibili sul territorio.

A CURA DI GIUSEPPINA MOLETA