CENTOPERTOSE (CE) 30/05/2021

 M. TIFATA : ecomuseo di Centopertose

NOTIZIE STORICHE

Il monte Tifata, prende il nome dalla parola osca tifata che significa leccio, perché i suoi pendii, nell’antichità, erano  ricoperti da boschi di lecci secolari e popolati da una ricca fauna di mammiferi di piccola, media e grossa taglia.

In epoca romana fu sede di templi e santuari dedicati sia a divinità pagane che a santi cristiani. Il tempio più antico fu dedicato a Diana Tifatina e quello edificato in tarda età repubblicana fu dedicato a Giove Tifatino; tra la fine del VI e l’inizio del VII secolo d.C. i Longobardi edificarono, sulle rovine del tempio di Diana, una chiesa dedicata all’Arcangelo San Michele, al quale erano molto devoti; sulla sommità del monte, non si sa in quale epoca, fu costruito un santuario dedicato a Sant’Agata, patrona di Capua e, su una cima più bassa, fu costruita la chiesetta di S. Nicola. Inoltre, sulla cresta occidentale del monte, sono ancora ben visibili i resti di un eremo abitato nel medioevo da un eremita, poi proclamato santo.

La posizione dominante su tutto il territorio circostante permette di comprendere facilmente perché Annibale, nel 215 a.C., installò sul M. Tifata un accampamento permanente per il controllo a vista di tutto l’Ager Campanus e, da qui, decise di far costruire l’omonimo ponte sul fiume Volturno. Anche i Sanniti, durante la II guerra sannitica avevano qui sistemato una linea di difesa che, però, non resistette agli attacchi dei Romani. Ma le vicissitudini storiche del Tifata continuano: vi s’insediarono prima i Normanni, poi i monaci benedettini, poi i Borbone, poi Garibaldi; inoltre, durante la Seconda Guerra Mondiale ci fu una cruenta battaglia tra i tedeschi e le truppe alleate.

         NOTIZIE GEOMORFOLOGICHE: LE CAVE

Appartenente alla catena dell’Antiappennino Campano, il massiccio carbonatico dei monti Tifatini, delimitato a nord dal fiume Volturno, va dalla collina di Sant’Jorio fino a Cancello Scalo. Numerosi i siti estrattivi: una cava ogni 5,8 Km2. Secondo il rapporto cave 2017 di Legambiente nella provincia di Caserta sono presenti 317 cave abbandonate, 59 chiuse, 26 abusive e 46 autorizzate.           Degrado paesaggistico, scempio ambientale, distruzione fisica del territorio sono le profonde ferite lasciate dalle attività estrattive, ancora in atto in piccola parte, nonostante le battaglie delle Associazioni ambientaliste e dei Comitati civici; esistono dissesti superficiali e profondi nelle aree di cava ed esterni ad esse e una situazione idrogeologica tutta da verificare, mentre si è sempre in attesa dell’istituzione del  Parco urbano dei Colli Tifatini.

                            Aspetti vegetazionali                                                Lungo il percorso si rinvengono prevalentemente piante arbustive tipiche della Macchia mediterranea: cisti, ginestre, euforbie, corbezzoli e soprattutto splendidi cespugli di mirto.   Il MIRTO o MORTELLA (Myrtus communis, fam. Mirtacee) è un arbusto sempreverde con corteccia rosea e foglie opposte, coriacee, sessili e con lamina lanceolata o ellittica.  Cresce soprattutto lungo le coste, in ambienti caldi e aridi. Il suo areale comprende quasi tutte le coste mediterranee, sia quelle europee che quelle dell’Africa settentrionale, mentre a oriente si estende dall’Asia minore fino alla Mesopotamia. Fiorisce da luglio ad agosto con fiori solitari dai cinque petali bianco-latte. I frutti sono bacche subsferiche nere sormontate dal calice persistente. Il mirto è un arbusto molto aromatico per l’elevato contenuto in terpeni delle sue foglie; anche i fiori sono molto odorosi. Le bacche hanno un sapore resinoso e  vengono utilizzate per aromatizzare l’acquavite. Tutte le parti della pianta possono essere utilizzate per ricavarne l’olio essenziale (acqua di mirto) adoperato in profumeria.

         Il mirto era una pianta sacra presso i Persiani, che alimentavano i fuochi sacrificali con il suo legno; gli ebrei la utilizzavano invece per la confezione di corone funerarie. Nella mitologia pagana era anche simbolo di amore e di felicità; era consacrata a Venere; il suo nome, infatti, era il nome di una fanciulla che voleva gareggiare con Venere in bellezza e che la dea, offesa, trasformò in arbusto. La pianta era impiegata per adornare are e rustici archi trionfali; con i suoi fiori virginali si intessevano le corone per la fronte delle novelle spose; nel Senato romano per chiedere la parola si alzava un ramo di mirto.    

                   ITINERARIO

Si parte dai cancelli di Via Vicinale San Giovanni, località Centopertose (100m s.l.m.). La proloco Casapulla ha realizzato un itinerario Ecomuseale che, iniziando da un antico percorso scavato nel tufo, raggiunge una serie di grotte carsiche e una enorme cava dismessa e abbandonata. Di fronte sono visibili  i ruderi dell’antico convento di San Giovanni a Gaiano risalente al XIII secolo; nel 1837 il convento fu usato come luogo di sepoltura per i casapullesi morti a causa di un’epidemia di colera.        Si procede verso  il Montanino, dove un tempo si trovava la grande statua della Madonna, trasportata nel dicembre del 1954 da un carro di buoi; dalla collina Croce Santa (291m s.l.m.) si gode una superba veduta sulla pianura campana, dominata all’orizzonte dal Vesuvio.

Sono luoghi, questi, in cui secondo la tradizione si fermò Annibale: “… In questo stesso Monte, la dove la pianura si estende, che dicesi di Montanino, fu lungamente accampato Annibale col suo poderosissimo esercito…” (Storia civile della fedelissima città di Capua, Francesco Granata, 1752).     

         Si prosegue sul pianoro della Montanina fino a un ex capanno di caccia,

ora rifugio curato dai giovani dell’Associazione Casapulla,  posizionato  al valico tra M. Sommacco e  M. Tifata.

Dislivello 200m in salita e in discesa