IL BORGO DI TORCA E IL SENTIERO DELLE SIRENE

6 novembre 2022

a cura di MADDALENA MARSELLI

 

IL BORGO DI TORCA E IL SENTIERO DELLE SIRENE

da Sant’Agata sui due Golfi a Vorra e ritorno.

Il percorso dura c.a. 6 ore compresa la sosta pic-nic: si attraversano sentieri campagnoli fra il Casale di Sant’Agata e quello di Torca; si percorre poi il sentiero detto delle Sirene fino alla località Borra sotto la Marecoccola. Prima dell’imbrunire si ritorna a Torca e infine a Sant’Agata.

Si parte da S. Agata sui due Golfi, il Casale più grande, situato a 390m di altitudine. Interessante la Chiesa parrocchiale per l’orologio maiolicato del sec XVIII e l’altare maggiore ricco di pietre dure.

Ci si dirige verso il Pontone attraversando via Termine che rappresenta il limite meridionale –fissato nel sec XV- del territorio sorrentino con quello di Massa Lubrense: ci si immette nella stradina attraversando il cd Arco Felice fin nel cuore del casale. Il meglio degli edifici santagatesi con l’alternarsi di fabbriche sette-ottocentesche è qui, fino all’angolo con via Pagliaro di Santolo attraverso cui si raggiunge Sorrento. Si attraversa la via Pontone, completamente rotabile, da cui si innesta un antico tratturo denominato via Zatri indicato da un cippo onomastico. La strada conduce al bosco delle Tore (da “tauro” = altura, monte) di Sorrento, sul declivio meridionale del quale giace il casale di Torca, il più orientale dei casali di Massa Lubrense, da cui si domina il golfo di Salerno.

Torca era parte del territorio di Sorrento fino al XIV secolo, in seguito venne inglobata dalla nuova città di Massa Lubrense, condividendone tutte le successive vicende storiche fino ai nostri giorni, salvo un incerto periodo di autonomia vissuto nel XVIII secolo. All’inizio del XVII secolo, a causa di una forte tassazione imposta dal capoluogo Massa Lubrense e per altri problemi riguardanti alcune terre demaniali, iniziò una lite tra i Torchesi e gli amministratori comunali che portò alla richiesta di separazione di Torca il 17 ottobre 1625. Un altro tentativo di separazione venne fatto anche nel XVIII secolo conducendo all’autonomia comunale seppure per pochi anni. Se fosse confermata l’ipotesi della presenza sulla marina di Torca (meglio conosciuta come fiordo di Crapolla) di un famoso tempio greco dedicato ad Apollo, sarebbe anche chiarito il mistero che avvolge il toponimo “Torca”. Si suppone, infatti, che da Sorrento partissero le processioni (Theorie) composte da ambasciate provenienti dalla Grecia che percorrendo la “Theorica Via” andassero a rendere omaggio al Tempio. Il nome Torca in questo caso deriverebbe proprio da “Theorica” Via. Di certo il luogo della marina fu colonizzato dagli antichi romani visto che ancora oggi sono visibili resti di ville e colonne di epoca augustea.

Non diversamente dagli altri villaggi, anche Torca ha il suo fulcro nella chiesa parrocchiale intitolata a S. Tommaso Apostolo di cui si ha notizia fin dal sec XIV. Intorno alla chiesa ci sono le prime dimore signorili, quelle delle casate più in vista del pagus (I Casali sono gli antichi Pagi, gruppi di abitazioni in cui le popolazioni si riunivano per avere protezione dalle invasioni nemiche). Una fascia più lontana dalla chiesa è occupata dalle case rustiche. Dietro la chiesa si svolge via Botteghe di Sopra dove fra bei palazzotti secolari, dotati di edicola votiva, si trova in posizione di spicco Villa D’Aveta riconoscibile per il settecentesco portale in tufo grigio. La famiglia D’Aveta era presente nel casale di Torca fin dai primi del ‘300. La strada viene interrotta dalla rotabile costruita nel secondo decennio del ‘900 e denominata via Torricella che rimanda alla presenza di una delle due case-torri interne al borgo che si trovava poco più a valle della chiesa. Il 13 giugno del 1558 ci fu il più disastroso saccheggio dei pirati nella Penisola. Essi distrussero buona parte della penisola sorrentina, ammazzarono cittadini inermi, violentarono donne e rapirono -solo a Torca- 103 persone pari quasi al 40% dei suoi abitanti. Dopo questo episodio iniziò la costruzione di una Torre di difesa.

La chiesa di San Tommaso Apostolo è del XIV secolo. La chiesa è a navata unica, a volta, con cupola ed abside. L’Altare Maggiore del sec. XVIII, in marmi policromi, è sovrastato da una tela risalente al 1604. Essa rappresenta Gesù nel Cenacolo, tra gli Apostoli e S. Tommaso, incredulo, che gli tocca le ferite. Attiguo alla chiesa è l’oratorio di Maria SS.ma del S. Rosario e di S. Filippo Neri. Sotto il patrocinio della B.V. del Rosario vi è la Congrega di S. Filippo. L’Oratorio fu fondato nel 1696 dal Rev. Tommaso Merolla. E’ di molto pregio l’altare in marmi policromi del 700 con custodia di pietre dure e lapislazzuli.

Si imbocca poi la discesa rotabile nominata via Botteghe di Sotto. Inoltrandosi nelle viuzze del casale si raggiunge il Sentiero delle Sirene con viste panoramiche a picco sul mare (il percorso è parte del sentiero CAI 00 “alta via dei monti Lattari”). Il Sentiero è un paesaggistico percorso ad anello che permette di attraversare il versante meridionale della Penisola Sorrentina godendo di incantevoli vedute: dalla Costiera Amalfitana fino ai Faraglioni di Capri. Percorribile in ogni periodo dell’anno, il sentiero non presenta particolari difficoltà. Prende il suo nome dai tre isolotti Li Galli che sono sorvegliati dalla torre di difesa sul Gallo Lungo, il maggiore dei 3 isolotti, la cui costruzione fu ordinata dal Re Roberto d’Angiò nel 1332 come difesa dell’area. Le Sirene nell’antichità dei greci erano divinità di morte e di lamentazioni funebri e, quindi, mostruose creature mitologiche regine del bel canto nonché figure religiose. Con il loro canto stupendo le Sirene- metà donna e metà uccello- ammaliavano i marinai, li attiravano verso di loro e verso l’isola sulla quale vivevano, per poi ucciderli. Anche Ulisse le incontrò doppiando Punta della Campanella: avvertito da Circe sulla pericolosità del loro canto, mise dei tappi di cera nelle proprie orecchie ed in quelle dell’equipaggio, e così si salvò dalle sirene che, avendo fallito nel loro intento, si trasformarono in massi rocciosi.

Il Sentiero si snoda lungo terrazzamenti, valloni e falesie ed è per buona parte su fondo sterrato: si attraversano orti e uliveti, macchia mediterranea, querceti, castagneti. Il percorso è ad anello ma la passeggiata attuale prevede di percorrere solo la parte a Sud. Raggiunto il promontorio del Pizzetiello, in cima alle falesie di Punta Sant’Elia, è prevista la sosta dove si gode della più vicina e spettacolare vista su Li Galli; il panorama si estende a sinistra verso la Costiera Amalfitana e a destra fino a Capri con i suoi Faraglioni.

La strada del ritorno ripercorre il sentiero delle Sirene per fare ritorno al nucleo del borgo di Torca. Percorrendo via Nula, che corre parallela a valle della strada rotabile, si torna a Sant’Agata.

OASI WWF ASTRONI 16 OTTOBRE 2022

Cari amici, sabato e domenica prossimi si conclude il progetto “Matti per la Natura” che Asfodelo ha svolto per molti mesi insieme al WWF Astroni e agli utenti del CDR La Fiera dell’Est. Come potete vedere dalla Locandina allegata ci sono spettacoli  e concerti sia sabato che domenica. Il Reading Poesie di carta (in programma alle h 15 di domenica) è dedicato alla Lotta per la libertà delle donne iraniane e vedrà la partecipazione di studentesse Iraniane che vivono a Napoli. 

Domenica 16, h 10 appuntamento all’ingresso Oasi Astroni. Passeggiata nell’Oasi, spettacolo, concerto, colazione al sacco, Reading Poesie di carta

CASTEL MORRONE (ce)SENTIERO STORICO

Castel Morrone: sentiero storico

  • Castel Morrone: notizie storiche
  • Monte Castello
  • Itinerario
  • Curiosità

 2 ottobre 2022

a cura di Giuseppina Moleta

CASTEL MORRONE (notizie storiche)

Castel Morrone, (“Morrone in Terra di Lavoro” fino all’Unità d’Italia), è un piccolo paese, 10 km a nord di Caserta, antichissimo per storia. Esso, infatti, ancora oggi conserva la struttura dei “Pagus Tifatinus” con ben nove “Fundus” di sannitica memoria che si snodano ai piedi del Monte Castello. Nel suo territorio sopravvivono ben 5km. di mura megalitiche o poligonali risalenti al VII-VI secolo a.C., un’imponente fortificazione che accolse nel 216 a.C. l’accampamento di Annibale, reduce dalla vittoria di Canne, per i cosiddetti “ozi di Capua”. Nessun luogo d’Italia è stato testimone della storia come questo territorio che ha visto sfilare  gli eserciti  più antichi, da quelli degli Etruschi e dei Sanniti, a quello di Annibale, agli eserciti barbarici del Nord Europa, a quelli dei vari Principati nell’alto medio evo, fino all’armata garibaldina e alle armate alleate dell’ultimo conflitto mondiale.                     

La campagna meridionale di Garibaldi, nelle vicende risorgimentali, ha avuto sul castello di Morrone il punto focale e decisivo per le sorti della battaglia del Volturno, che portò all’unificazione d’Italia, tanto che lo stesso Garibaldi definì Castel Morrone: “Termopili d’Italia”.

 Il 6 settembre 1860 il Re di Napoli Francesco II, visto l’approssimarsi dell’armata garibaldina, lasciava Napoli per Gaeta, lanciando un accorato appello ai suoi soldati perché arretrassero oltre il Volturno per un’estrema difesa del Regno. I soldati napoletani risposero a migliaia e, alla fine di settembre, due eserciti si fronteggiavano sulle rive opposte del fiume Volturno. Il 28 settembre 1860, il 1º Battaglione Bersaglieri della Divisione Cosenza dell’Armata garibaldina, comandato dal capitano Pilade Bronzetti, ricevette l’ordine di raggiungere il Castello di Morrone. Il 1º ottobre 1860 da parte borbonica fu dato l’ordine di attacco per l’ultima grande battaglia per la riconquista del Regno. Bronzetti intuì che a Castel Morrone potevano decidersi le sorti di tutta la battaglia del Volturno e non volle cedere di un sol passo; pertanto, come i 300 spartani di Leonida alle Termopili, i 300, per la verità storica 295, garibaldini di Bronzetti, nonostante l’enorme sproporzione delle forze, resistettero fino alla morte del loro comandante. Gli storici sono concordi nel ritenere questa resistenza determinante nella vittoria nella battaglia del Volturno.

                                       MONTE CASTELLO

Il complesso di Monte Castello (420 m s.l.m.) costituisce il primo nucleo abitativo di Castel Morrone. Fondato dai Sanniti tra il IV e il III secolo a.C. fu poi abbandonato in epoca romana e riutilizzato nell’Alto Medioevo. Il Castello, le mura e il villaggio furono costruite dai normanni intorno al XII secolo e dismessi nel XV secolo a seguito di un evento sismico.

          Poco distante dalla torre è collocato il Santuario di Maria SS. della Misericordia, sorto nel XVII secolo sui resti di una piccola cappella già esistente.
          Un altro elemento di notevole interesse storico è la cosiddetta Tomba di Pilade Bronzetti, ossia un monumento in pietra a forma piramidale ideato e scolpito da Enrico Mossutti e inaugurato l’8 dicembre 1887.

          L’intera vetta di Monte Castello è sottoposta a “Dichiarazione di interesse culturale” secondo quanto prescritto dalla L. 1089/1939 artt. 1, 2, 4, 21. Il vincolo è stato apposto con D.M. 25/05/1996.

                                       ITINERARIO

          Il percorso, ben segnato, inizia in località Abetelle (240m s.l.m.); si raggiunge un punto panoramico sulla piana di Monte Verna con le anse del fiume Volturno. I segnali indicano, a sinistra, il Sentiero del Mirto, già meta di una nostra escursione, mentre a destra si sale, inizialmente su sentiero, poi su strada asfaltata fino al Castello (420m. s.l.m.). Per il ritorno, si percorre un tratto della strada asfaltata e si prende un sentiero che in breve permette di raggiungere la frazione Annunziata con la chiesa dell’Annunziata, risalente al sec. XVI.

          Dislivello: m180; Altezza massima: m420; Difficoltà: facile;

                                       CURIOSITA’

          Percorso geologicamente interessante su calcari ricchi di Rudiste, Requienie e Gasteropodi vari. Scorci panoramici suggestivi: i Monti Tifatini, i Monti Trebulani e la piana del Volturno con le caratteristiche morfostrutture piramidali, come il M. Mesarinolo alto m.245, chiamate Piramidi del Volturno che  hanno dato origine a svariate leggende (rifugio di extraterrestri) e similitudini con le piramidi di Giza.

          Secondo un “ricercatore” a Piana di Monte Verna due rilievi sono simili ai monumenti egizi

          Gennaro Oliviero è un consulente aziendale, esperto di sicurezza nei luoghi di lavoro. «Per questo tengo a sottolineare che il mio studio parte da basi empiriche, da osservazioni attente e tanta curiosità». La tesi di Oliviero è che a pochi chilometri da Napoli ci siano due piramidi nascoste, due monumenti camuffati da collinette al centro della Piana di Monte Verna, nella valle del Volturno. «Mi sono imbattuto in vari articoli in cui si faceva riferimento alla scoperta di alcune presunte piramidi sul territorio italiano. Vi era anche un accenno ad una piramide nei pressi di Sant’Agata dei Goti in provincia di Benevento. Subito mi sono sovvenute alla mente due collinette che si trovano nella Piana di Monte Verna, l’area che da Caserta porta a Caiazzo, le quali risultano essere su un territorio piano e costeggiato dal fiume Volturno e di forma pressoché geometricamente regolare. Interessato alla cosa, ho effettuato alcune ricerche su internet, scoprendo che sono state individuate altre probabili piramidi nella stessa zona comprendente territori sul confine tra le provincie di Caserta e di Benevento. Solo in un blog (http://piramidiinitalia.myblog.it/) si fa riferimento ad una delle collinette della Piana individuata come piramide che, a detta dell’autore, pare sia perfettamente allineata con le piramidi individuate tra casertano e beneventano, le quali risulterebbero in asse con la “Cintura di Orione”, cioè la stessa condizione delle piramidi di Giza». E qui il discorso diventa complesso e le coincidenze iniziano a moltiplicarsi. «Ho iniziato a studiare la morfologia delle due collinette della Piana, producendo una serie di osservazioni che mi hanno fatto dedurre che questi rilievi non possono essere semplici collinette di origine naturale, poiché non presentano, per esempio, le caratteristiche tipiche dell’origine vulcanica o tettonica o di altra natura tipica dei rilievi del territorio italiano. Le osservazioni maggiori sono state quelle di una serie di analogie delle due collinette con le piramidi di Chefren e di Cheope situate nella piana di Giza in Egitto. Con l’aiuto di Google Earth, che ha strumenti di rilievo e misurazione, ho potuto rilevare le dimensioni delle due collinette, correlandole poi con le dimensioni delle note piramidi egiziane rimanendo a dir poco sbalordito. Le correlazioni non sono solamente sulle «misure», che risultano essere proporzionali tra i due siti, ma anche sulla posizione geografica delle due piramidi di Caserta – così le ho definite – e la loro inclinazione rispetto all’asse Nord/Sud, che pone le stesse, se ricostruite nella loro originaria forma, con lati e vertici correlabili con siti noti in cui insistono piramidi più che conosciute o di recente scoperta quali quelle della penisola dello Yucatan (Messico, Maya) e quelle di Sarajevo (Visoko)». Eppoi c’è l’ansa del Volturno che, vista dall’alto, sembra ricalcare con precisione l’ansa del Nilo che passa accanto alle piramidi di Giza;  c’è il fatto che entrambe le colline piramidali di Piana di Monte Verna guardano diritto alla Piana di Giza. Coincidenze? «Sono osservazioni spesso banali che portano ad altre più complesse. Una sfida a capirne di più».

                                                                                                  Salvio Sapio

ANDAR PER CONVENTI

ANDAR PER CONVENTI, CHIESE E CAPPELLE: da
Sant’Agata sui due Golfi a Massa Lubrense .

a cura di Maddalena Marselli

Domenica 27 marzo 2022

Il percorso dura c.a. 4 ore compresa la sosta pic- nic, attraversando
sentieri campagnoli fra i Casali con un dislivello di circa m270 che
faremo tutti in discesa.
Nella parte estrema della Penisola Sorrentina, detta prima
Sirenussai, poi Athenaion o Promontoriu e Minervae, oggi nel
Comune di Massa Lubrense, la storia si intreccia al mito e alle
leggende. Ai tempi di Augusto parte del territorio fu ripartito tra i
veterani e parte rimase al demanio, costituendo l’ager publicus
sorrentinus , detto poi Massa pubblica. I Casali sono gli antichi Pagi,
gruppi di abitazioni in cui le popolazioni si riunivano per avere
protezione dalle incursioni dei pirati barbareschi.
Si parte da S. Agata sui due Golfi , il Casale più grande,
situato a 390m di altitudine. Interessante la Chiesa parrocchiale
per l’orologio maiolicato del sec XVIII e l’altare maggiore ricco di
pietre dure. Ci si dirige verso il Deserto , dal nome che i
Carmelitani davano ai loro eremi, oggi abitato dalle Suore
Benedettine di S. Paolo; splendido panorama sui golfi di Napoli e di
Salerno, se il tempo atmosferico lo permette!
Prendendo la via Tore al Deserto che fiancheggia sulla destra
l’eremo, ed attraversando il Vadabillo luogo di sepoltura degli
antichi popoli che hanno abitato queste terre, ci si dirige verso il
borgo di Acquara ma prima si fa una piccola deviazione sulla
sinistra per raggiungere la cappella di S. Maria a Tentarano ,
toponimo dall’origine sconosciuta, dove è visibile il poco noto
affresco della Vergine Allattante. Questo affresco è dipinto sulla
parete di fondo, l’unica che si è conserva a per intera
dell’originaria costruzione. Secondo il Filangieri, la cappella fu
fondata entro la fine del sec. XV dalla famiglia Aprea. Il culto è
ancora oggi vivo nell’animo della gente del posto che . vi si reca
ogni sabato in processione e cantando litanie.
Si ritorna sul percorso principale ed attraversando un sentiero
in discesa ricoperto da pietre arenarie e delimitato da muri a secco
si arriva alla chiesa di Acquara , purtroppo chiusa per motivi di
sicurezza, come tutte le chiese della zona dove ormai si dice la
messa sul sagrato.
Girando a destra sulla strada principale e prendendo la
direzione verso Priora, dopo poco si imbocca a sinistra un piccolo
sentiero sterrato e molto accidentato con strette scale finali per
raggiungere la zona di Prasiano dove sorge l’antica cappella
dedicata a San Giuseppe , da cui si gode una meravigliosa vista su
Capri, costruita nel 1600 per volere della famiglia Sersale.
Si riprende il cammino che scende, tra uliveti e limoneti,
verso Via Bagnulo che costeggia a monte la villa dove nel 1577
soggiornò Torquato Tasso. La via Bagnulo conduce al borgo di San
Francesco . Il convento fu affidato ai Frati Minimi di San
Francesco di Paola fino al 1809, adibito a lazzaretto per i colerosi
nel 1837, passato poi ai Gesuiti e dopo al Comune di Massa come
sede municipale e carcere manda mentale, poi tornato ai Minimi di
S. Francesco. Convento e chiesa furono costruiti nel XVI secolo per
volere della famiglia Liparulo, il cui sistema è ancora oggi visibile
sul portone d’ingresso della chiesa.
Attraverso terreni coperti da uliveti e limoneti, si raggiunge il
centro urbano di Massa Lubrense , l’antico Casale di Palma a 121
m sul mare. La cinquecentesca Cattedrale di S. Maria delle Grazie
presenta un artistico pavimento in maiolica di scuola napoletana
della fine del ‘700, rifatto dalla “Ceramica artistica di Vietri Antico”
con un particolare procedimento manuale. Nella sacrestia sono
visibili sulle pareti gli ovali raffiguranti i vescovi di Massa.

 

 b

I SABATO DI ASFODELO 2022

12 febbraio 2022 – Museo del mare ITTL “Duca degli Abruzzi”

12 marzo – Terme di Agnano Napoli

9 aprile – Museo dei Vigili del Fuoco nell’ex convento della Pietrasanta  (via del Sole n.10)

21 maggio – Mostra di Rosaria Matarese – Movimento Aperto

28 maggio Giornata delle Oasi – Oasi WWf Cratere degli Astroni

26 novembre – Alla scoperta di Bacoli – visita guidata al muselo archeologico dei Campi Flegrei, passeggiata intorno al lago Miseno, Tomba di Agrippina, street art

IL SENTIERO DELL’ AMORE (Castelmorrone)

alla ricerca di fossili

Anello di M. Montagnano. Da Castelmorrone m240 a M. Montagnano con la  Croce Giubileo m413 (circa h1) e poi per M. Montagnello (30′); con un ampio giro di circa 2h si ritorna.

Dislivello: 200 metri; Altezza massima: m413; Difficoltà: facile;

Lunghezza: Km7,500; Tempo: 3h30′

         Percorso geologicamente interessante su Calcari ricchi di Rudiste, Requienie e Gasteropodi vari. Scorci panoramici suggestivi: i Monti Tifatini, i Monti Trebulani e la piana del Volturno con le caratteristiche morfostrutture piramidali, come il M. Mesarinolo alto m.245, chiamate Piramidi del Volturno che  hanno dato origine a svariate leggende (rifugio di extraterrestri) e similitudini con le piramidi di Giza.

Secondo un ricercatore a Piana di Monte Verna due rilievi sono simili ai monumenti egizi

         Gennaro Oliviero è un consulente aziendale, esperto di sicurezza nei luoghi di lavoro. «Per questo tengo a sottolineare che il mio studio parte da basi empiriche, da osservazioni attente e tanta curiosità». La tesi di Oliviero è che a pochi chilometri da Napoli ci siano due piramidi nascoste, due monumenti camuffati da collinette al centro della Piana di Monte Verna, nella valle del Volturno. «Mi sono imbattuto in vari articoli in cui si faceva riferimento alla scoperta di alcune presunte piramidi sul territorio italiano. Vi era anche un accenno ad una piramide nei pressi di Sant’Agata dei Goti in provincia di Benevento. Subito mi sono sovvenute alla mente due collinette che si trovano nella Piana di Monte Verna, l’area che da Caserta porta a Caiazzo, le quali risultano essere su un territorio piano e costeggiato dal fiume Volturno e di forma pressoché geometricamente regolare. Interessato alla cosa, ho effettuato alcune ricerche su internet, scoprendo che sono state individuate altre probabili piramidi nella stessa zona comprendente territori sul confine tra le provincie di Caserta e di Benevento. Solo in un blog (http://piramidiinitalia.myblog.it/) si fa riferimento ad una delle collinette della Piana individuata come piramide che, a detta dell’autore, pare sia perfettamente allineata con le piramidi individuate tra casertano e beneventano, le quali risulterebbero in asse con la “Cintura di Orione”, cioè la stessa condizione delle piramidi di Giza». E qui il discorso diventa complesso e le coincidenze iniziano a moltiplicarsi. «Ho iniziato a studiare la morfologia delle due collinette della Piana, producendo una serie di osservazioni che mi hanno fatto dedurre che questi rilievi non possono essere semplici collinette di origine naturale, poiché non presentano, per esempio, le caratteristiche tipiche dell’origine vulcanica o tettonica o di altra natura tipica dei rilievi del territorio italiano. Le osservazioni maggiori sono state quelle di una serie di analogie delle due collinette con le piramidi di Chefren e di Cheope situate nella piana di Giza in Egitto. Con l’aiuto di Google Earth, che ha strumenti di rilievo e misurazione, ho potuto rilevare le dimensioni delle due collinette, correlandole poi con le dimensioni delle note piramidi egiziane rimanendo a dir poco sbalordito. Le correlazioni non sono solamente sulle «misure», che risultano essere proporzionali tra i due siti, ma anche sulla posizione geografica delle due piramidi di Caserta – così le ho definite – e la loro inclinazione rispetto all’asse Nord/Sud, che pone le stesse, se ricostruite nella loro originaria forma, con lati e vertici correlabili con siti noti in cui insistono piramidi più che conosciute o di recente scoperta quali quelle della penisola dello Yucatan (Messico, Maya) e quelle di Sarajevo (Visoko)». Eppoi c’è l’ansa del Volturno che, vista dall’alto, sembra ricalcare con precisione l’ansa del Nilo che passa accanto alle piramidi di Giza;  c’è il fatto che entrambe le colline piramidali di Piana di Monte Verna guardano diritto alla Piana di Giza. Coincidenze? «Sono osservazioni spesso banali che portano ad altre più complesse. Una sfida a capirne di più».

Salvio Sapio

da MONTE NUOVO a LAGO D’AVERNO

Parco Regionale dei Campi Flegrei: Monte Nuovo e Lago d’Averno

30 gennaio 2022

CAMPI FLEGREI: NOTIZIE GEOMORFOLOGICHE

a cura di Giuseppina Moleta

I Campi Flegrei, così denominati fin dal tempo delle colonie greche ( campi ardenti) per l’intensità delle manifestazioni vulcaniche e sismiche, includono una parte continentale, delimitata a E dalla collina di Posillipo, a W da Cuma e Monte di Procida, a N da Quarto e a S dal golfo di Pozzuoli, e una parte insulare con Ischia, Procida e Vivara.

Le prime manifestazioni vulcaniche risalirebbero a circa 50.000 anni fa; 35.000 anni fa si sarebbe verificato l’evento più eclatante: un’eruzione imponente che depositò su tutta la Piana Campana un enorme quantitativo di tufo (ignimbrite) e che provocò, con lo svuotamento del serbatoio magmatico, il collasso dell’apparato vulcanico preesistente, denominato Archiflegreo, con la formazione di una depressione o caldera. Nella caldera, circa 12.000 anni fa, violente eruzioni caratterizzarono la nascita dei vulcani di Capo Miseno, Bacoli, Nisida e Trentaremi, dando origine ai depositi di “tufo giallo stratificato”. Le eruzioni successive, come quella degli Astroni del 1500 a.C., della Solfatara del 110 d.C., del Monte Nuovo nel 1538, nonché i recenti movimenti bradisismici e le attività fumaroliche e idrotermali tuttora esistenti a Baia, Pozzuoli, Agnano e Ischia attestano la presenza nel bacino magmatico di considerevoli quantitativi di magma ancora in via di consolidamento.

                                               MONTE NUOVO

Il Monte Nuovo  si formò tra il 28 settembre e il 6 ottobre 1538. 

Sabato 28, verso mezzogiorno, il mare si ritirò repentinamente di circa 370 m, lasciando sulla riva moltissimi pesci agonizzanti che, dai Puteolani, furono raccolti “a carrettate”; è stato calcolato che questo ritiro corrispose ad un moto bradisismico ascendente di almeno m 7,40.  Successivamente si verificarono forti  boati, terremoti, pioggia di cenere, fango e pietre; i Puteolani fuggirono verso Napoli. A Lucrino l’eruzione cancellò progressivamente il Monticello del Pericolo ed il villaggio di Tripergole postovi sopra, e colmò l’insenatura marina su cui questi si affacciavano; inoltre, distrusse e seppellì la sorgente termale chiamata “Bagno di Cicerone” (ovvero “Bagno del Prato”) ed i resti della villa di Cicerone.      Il giorno 30 il viceré Don Pedro da Toledo venne con tutta la sua corte, molti cavalieri e qualche filosofo ad osservare il fenomeno dalla Chiesa di S. Gennaro alla Solfatara;  nel frattempo da Napoli venne organizzata una processione con il busto contenente la reliquia della testa di San Gennaro. Nel giro di 48 ore si formò un monte  su cui,  quando fumo e ceneri cominciarono a diradarsi, Don Pietro da Toledo “con più persone” ne approfittò per salire sulla sommità e guardare dentro la caldera.  Il quarto giorno si verificò una nuova fase eruttiva, corta ma violentissima, tanto che “pietre grosse” raggiunsero Nisida, spaventando non poco i barcaioli che lì stazionavano.                                    

Il 6 ottobre, ingannati da una fase di apparente tranquillità, numerose persone  scalarono il nuovo cono ma, tra le h15:00 e le h16:00, un’improvvisa e violenta esplosione provocò ben 24 vittime fra gli incauti.                           

Attualmente il Monte Nuovo è un’oasi naturalistica gestita dal WWF. Si presenta ricoperto da una folta vegetazione con  piante tipiche della macchia mediterranea.

                                                                 LAGO D’AVERNO

Il Lago d’Averno, secondo per dimensione, dopo il Fusaro, dei laghi presenti nei Campi Flegrei,  giace all’interno di una cratere vulcanico, formatosi circa 4000 anni fa.

 Il nome Avernus deriva dal greco άορνος (senza uccelli),  assenza  dovuta ai gas esalati dalle acque.   

La mitologia lo riconosce come porta dell’oltretomba, nonché come dimora terrestre di Lucifero. Anche Virgilio, nel VI libro dell’Eneide, colloca vicino a tale lago l’ingresso mistico agli Inferi.

Il lago d’Averno è il porto di Agrippa. Nel 37 a.C. Agrippa, incaricato da Ottaviano  di costruire un porto sicuro per la flotta, mostrò un grande talento di organizzatore e di costruttore, facendo scavare un canale fra il mare e il lago di Lucrino, per formare un porto esterno e un altro canale fra Lucrino e l’Averno per avere un porto interno. Il nuovo complesso portuale venne chiamato Portus Julius in onore di Ottaviano.

Vicino al lago si trovano il Tempio di Apollo, il “passaggio per gli Inferi”e la Grotta di Cocceio, un cunicolo scavato dai Romani per scopi militari per collegare il lago a Cuma.

 Il Tempio di Apollo è il frigidarium di un complesso termale che si estendeva fino alle rive del lago, probabilmente per sfruttarne le acque benefiche. Della struttura, risalente al I sec d.C., con rifacimenti del II sec d.C., non si sa se era adibita a uso pubblico o se facesse parte di una villa. Si tratta di uno dei più grossi complessi termali giunti fino a noi, che sbalordisce per le dimensioni: la sala centrale presenta una cupola, a pianta ottogonale all’esterno e circolare all’interno, alta circa 20m e con un diametro di 38m, solo m5 in meno del Pantheon.

 Il “passaggio per gli Inferi” descritto da Virgilio, quando Enea decide di accedere all’Ade per  incontrare il padre defunto, è una grotta scavata nel tufo, lunga circa 200m, probabilmente creata per collegare il lago al mare, la quale, per la suggestione dell’ambiente e le infiltrazioni d’acqua che creano un fiumiciattolo sotterraneo, veniva associata allo Stige infernale e ai luoghi dell’Acheronte.

Il lago ospita una comunità stanziale di folaghe insieme a svassi maggiori, germani reali e altri anatidi. Nelle acque sono presenti diverse specie di pesci tra cui bavose di acqua dolce, alborelle e specie  alloctone come persici, gambusie ma anche pesci rossi e tartarughe d’acqua dolce domestiche liberate nel lago. Sono presenti anche bisce, rane e gamberetti d’acqua dolce.